Una scuola che interroga la riflessione sul senso della vita
Intendiamo l’educazione come vocazione. Ci sentiamo parte di un progetto che ci impegna: contribuire, con passione e responsabilità, alla crescita dei bambini e delle bambine che ci sono stati affidati. E ci sono affidati per un Sogno grande, un “Fine ultimo” di realizzazione e pienezza che deve potersi scorgere dietro ad ogni azione educativa.
Siamo consapevoli che il sapere e le conoscenze, l’acquisizione delle competenze sono necessari ma non sufficienti a motivare l’impegno esistenziale e la vita.
Vorremmo portare i bambini ad aprire il cuore all’incontro con il Dio vivente che gli faccia scoprire la gioia del dono reciproco per realizzare una vita buona per sé e per il mondo.
“Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.
E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.
E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. (…) Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità! “ (1 Cor 13, 1-3, 13)
Una scuola che insegna a re-immaginare il mondo
Educare è dare un orizzonte, dare speranza. Un insegnante che ha perso speranza non può agire bene il suo ruolo, che è strettamente collegato alla dimensione del futuro immaginato, possibile. Educare significa avere fiducia nel cambiamento e suscitarla in chi ci viene affidato.
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso di razza, di lingua, di religione di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. (Art. 3 della Costituzione italiana).
Questo articolo della costituzione italiana è ancora purtroppo fortemente disatteso e le ingiustizie, le disuguaglianze, le discriminazioni, la povertà economica, sociale e culturale sono ancora molto presenti nel nostro paese e in tanti paesi del mondo.
L’apprendimento ha sempre a che fare con la sua declinazione in chiave di impegno concreto nella costruzione di una nuova e diversa società, con quelle che potremmo chiamare competenze di cittadinanza.[1] La figura dell’educatore è quella di colui che co-costruisce il mondo assieme alla comunità in cui opera.
“L’educazione è l’arma più potente che si può usare per cambiare il mondo.” (Nelson Mandela)
Una scuola inserita in un centro parrocchiale ricco di presenze educative
Riteniamo che il contesto in cui è inserita la scuola sia una grande opportunità educativa, sia per la molteplicità delle figure presenti nel centro parrocchiale: c’è chi accompagna il cammino di fede, chi propone attività sportive, chi accoglie in oratorio, chi offre un caffè e l’occasione di due chiacchiere, chi impara lingue e usanze di altre culture, chi propone esperienze di gruppo e di avventura; sia per la pluralità delle proposte: corsi di attività sportiva; oratorio; associazioni (vd. scoutismo).
La scuola è parte del centro parrocchiale in quanto in sintonia con la sua missione e usufruisce degli spazi esterni, della palestra, del salone polivalente per incontri ed eventi particolari, delle sale dell’oratorio.
La cooperativa Eidè gestisce nel centro parrocchiale anche Samarcanda, crocevia delle differenze, laboratorio di dialogo interculturale rivolto ai ragazzi nella fascia di età 11-15 anni, in particolare stranieri con l’obiettivo di sostenere i percorsi di inclusione scolastica e sociale con attività di prima alfabetizzazione, dopo scuola, laboratori creativi, incontri per le famiglie. Inoltre la parrocchia del Corpus Domini, dal 2005, aderisce al Progetto Oratoridella Diocesi di Parma, gestito dalla Cooperativa Eidè che assume, forma e coordina gli educatori del progetto. Un educatore è presente in orari e giorni definiti nell’oratorio parrocchiale.
La relazione con la scuola dell’Infanzia è da sempre nel tessuto di vita delle due scuole.
Questo polo educativo è una ricchezza per la vita del quartiere e della città tutta e si concepisce in condivisione di intenti per quanto riguarda le progettualità in continuità fra le due scuole.
La parrocchia esprime un proprio membro in rappresentanza all’interno del Consiglio d’Istituto.
Una scuola con le famiglie
La nostra scuola ha una dimensione famigliare e intende promuovere l’alleanza con le famiglie come dimensione fondamentale del proprio essere scuola. L’alleanza educativa con le famiglie sarà promossa attraverso la condivisione di valori, obiettivi educativi, scelte pedagogiche che si realizzerà attraverso l’utilizzo di pratiche dialogiche e partecipative. “Le pratiche dialogiche introducono un cambiamento radicale: la possibilità di incontrare gli utenti come esseri umani nella loro pienezza”[2]. Sappiamo che il compito educativo a cui sono chiamate le famiglie, la scuola e tutti i soggetti impegnati nell’educazione dei piccoli appare sempre più complesso. Per questo riteniamo importante incontrarci a partire dalle reciproche difficoltà e limiti ma anche per scambiare emozioni ed esperienze positive vissute, competenze educative messe in campo con i bambini al fine di creare contesti di apprendimento a scuola e in famiglia il più possibile integrati e coesi.
Le famiglie parteciperanno agli organi preposti al confronto di classe e di istituto personalmente o attraverso i propri rappresentanti ma vorremmo anche che il loro protagonismo non si esaurisse in questo. Si darà spazio alla loro partecipazione attiva alla vita della scuola attraverso forme di volontariato che possano valorizzare competenze, disponibilità di tempo, esperienze piacevoli da realizzare insieme ai propri figli.
La scuola offrirà occasioni di confronto attraverso incontri tematici con esperti aperti alle famiglie e darà sostegno nelle difficoltà di crescita e di apprendimento attraverso la condivisione di percorsi individualizzati anche grazie all’intervento di specialisti.
Una scuola aperta al territorio locale e globale
La scuola di Edith abita in un quartiere ricco di istituzioni scolastiche pubbliche statali e non statali, dalle scuole per l’infanzia a quelle primarie. Crediamo che un sistema scolastico plurale possa meglio rispondere all’attuale domanda formativa. Per questo promuoviamo il confronto e la collaborazione con le altre scuole, per crescere reciprocamente e arricchire la nostra proposta formativa. Lo stabile in cui è inserita la scuola ospita Forum, centro servizi per il volontariato con diverse associazioni, il Centro interculturale di cui la cooperativa è socia.
Sappiamo che l’apprendimento non passa solo attraverso pratiche formali per cui vogliamo valorizzare l’apporto delle realtà del territorio per crescere nella conoscenza e nella consapevolezza di far parte di una realtà più vasta, di un quartiere, di una città, fino a considerare il mondo intero.
La cittadinanza attiva e la costruzione di collettività ampie e composite, siano esse quella nazionale, quella europea, quella mondiale si realizzerà anche attraverso l’impegno e la partecipazione attiva alla vita della propria comunità (dalla propria classe agli scambi con altre scuole in contesti europei od extraeuropei).
Una scuola inclusiva e che valorizza le differenze
“Ogni studente suona il suo strumento, non c’è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l’armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che prova la stessa sinfonia.(…) Il problema è che vogliono farci credere che nel mondo contino solo i primi violini.“[3]
In una società sempre più complessa e percorsa da differenze multiple, la sfida è educare al riconoscimento dell’identità plurale di ciascuno, per crescere nella capacità di considerare le diverse abilità, di valorizzare il contributo di tutti, di saper vivere il conflitto nel dialogo e nella ricerca di soluzioni costruite insieme. In un contesto storico in cui sembrano aumentare i divari e le disuguaglianze, riteniamo importante dedicare un’attenzione particolare ai bambini e alle bambine in situazione di maggiore fragilità.
La possibilità di partecipare è un diritto di tutti, che non dipende solo dalla volontà del singolo, ma dalla rete di relazioni e opportunità che una comunità è in grado di creare: l’handicap nasce dalle barriere che un contesto, anche inconsapevolmente, pone quando non tiene conto dei bisogni speciali. I bisogni speciali possono nascere da situazioni diverse (dalle difficoltà fisiche e cognitive a quelle dovute ad una situazione socio economica difficile, da quelle derivanti dalla mancanza di conoscenza della lingua italiana a quelle dovute a difficoltà relazionali) e noi crediamo che siano tutti ugualmente importanti (siano essi “certificati” o meno). Ci impegniamo a realizzare una scuola inclusiva nel suo complesso (dall’insegnamento curricolare alla gestione delle classi, dall’organizzazione dei tempi e degli spazi scolastici, alle relazioni tra docenti, alunni e famiglie) che persegue una didattica ordinaria inclusiva per tutti e non definisce solo piani didattici personalizzati accostati a quello che fa il resto della classe.
Crediamo che le difficoltà siano parte della vita di tutti e che non vadano patologizzate o stigmatizzate ma accolte ed affrontate per migliorare la scuola e la vita di tutti.
In particolare la scuola che vogliamo costruire sarà improntata ad una visione interculturale, che unisca alla “capacità di conoscere ed apprezzare le differenze la ricerca della coesione sociale, in una nuova visione di cittadinanza adatta al pluralismo attuale, in cui si dia particolare attenzione a costruire la convergenza verso valori comuni”[4]. Inoltre vorremmo una scuola che promuova le pari opportunità di genere e la consapevolezza delle disparità e dei ruoli assunti in base a stereotipi che non valorizzano le differenze in termini di reciprocità e scambio paritario. Approcceremo quindi in modo critico anche i libri scolastici che spesso utilizzano linguaggi e contenuti al maschile. Vorremmo infine suggerire a bambini e bambine una grande varietà di modelli, di situazioni da cui attingere per costruire un’immagine coerente di sé e del mondo esterno così da predisporli al cambiamento, alla mobilità sociale e alla trasformazione dei ruoli.
Educare alla resilienza – “Il termine “resilienza” […] appartiene al linguaggio tecnico relativo ai materiali dell’edilizia; consiste nella capacità che ha un certo materiale di riprendere la sua forma dopo aver subito delle deformazioni. Trasportato nell’educazione, ci permette di capire quanto bambine e bambini che abbiano subito delle profonde deformazioni, anche per la violenza delle situazioni in cui hanno vissuto, possono riprendere la loro struttura”. (Canevaro)
Il bambino che ha subito traumi può diventare una risorsa di crescita per tutti gli altri, un “educatore di resilienza”. C’è una vita possibile anche a seguito di eventi dolorosi irreversibili. Noi vorremmo educare a fronteggiare i problemi perché parte della vita di ciascuno, consapevoli che nessuno è determinato dalla propria storia ma è possibile un destino di felicità per ognuno.
Una scuola che non educa solo la dimensione cognitiva, ma anche quella emotiva, sociale e spirituale
Educare è aiutare l’altro ad essere quello che è, a trovare la sua essenza. Chi accompagna la crescita dei bambini ha il difficile compito di sollecitare e stimolare, in modo da far emergere tutto ciò che c’è in potenza. Come l’ostetrica con la partoriente, favorisce e accompagna il generarsi di ognuno a se stesso, con sapienza, ma anche con umiltà e meraviglia, di fronte al mistero di ogni persona. Per fare questo è necessario considerare l’altro/a come persona unica ed irripetibile, con caratteristiche peculiari che devono essere scoperte, conosciute, orientate e che riguardano aspetti diversi del proprio essere. I linguaggi dell’insegnamento dovranno per questo essere molteplici e stimolare tutta la persona. Grande spazio sarà data alla formazione delle abilità espressive (in particolare ricordiamo l’arte figurativa e la musica), alla formazione delle abilità sociali e relazionali, all’educare all’affettività e sessualità, al riconoscimento delle emozioni così come vorremmo educare anche alla dimensione del silenzio, della meditazione, del Trascendente.
Riteniamo poi che l’espressione artistica in generale ed in particolare la musica siano strumenti di integrazione ed inclusione perché superano la dimensione cognitiva e coinvolgono, comunicando, la persona, un gruppo, eventuali spettatori in tutto il loro essere.
“La bellezza diventa, dunque, mezzo di conoscenza quando suscita lo stupore verso le cose e le relazioni svelandone il loro senso. (…)
Fare della scuola un luogo di scoperta e valorizzazione della bellezza nelle sue varie forme – letteraria, artistica, musicale, ambientale – porta con sé varie conseguenze. Significa sollecitare gli allievi a scoprire dentro di sé emozioni e sentimenti diversi e più complessi rispetto alla banalità del quotidiano, significa introdurli in quel percorso di miglioramento di sé che non può riguardare soltanto la padronanza delle competenze cognitive, significa aiutarli ad attribuire alle cose un significato che va oltre le cose, significa – in ultima istanza – aiutarli a riflettere, a interrogarsi, a farli crescere, in una parola, entro una prospettiva sapienziale”[5].
Una scuola che educa attraverso i contesti
“I bambini percepiscono gli ambienti e ad essi si adattano, in essi si trasformano e crescono … progettare e realizzare contesti educativi belli, sicuri, curati ed accoglienti offre ai bambini che li vivono l’opportunità di percepire benessere e coerenza tra la forma ed il contenuto dei processi educativi”.
E’ da questa premessa che nascono gli interventi di rinnovo locali effettuati nella scuola nell’estate 2013. Ora la scuola si manifesta con nuovi colori alle pareti più vivaci e adatti ai bambini, con nuovi banchi cattedre e sedie nelle aule, con decorazioni e bacheche per documentare il lavoro realizzato dai bambini e dalle bambine, con un salone polifunzionale più spazioso, sicuro e accogliente. La cura degli spazi sarà attenzione costante perché tutto influisce sui processi educativi, in quanto permette di interiorizzare modelli di relazione e di apprendimento. Il setting educativo (la disposizione dei banchi, dell’insegnante, degli alunni …) dovrà contribuire a creare un ambiente di apprendimento cooperativo, in sintonia con il progetto educativo della scuola.
Il contesto non è solo uno spazio fisico ma è anche di tipo organizzativo e relazionale.
Crediamo in una scuola che sia comunità educativa, che curi gli aspetti organizzativi (i tempi, i modi, i contenuti, le funzioni delle diverse figure operanti all’interno della scuola) perché anche l’organizzazione crea accoglienza e inclusione.
La coordinatrice delle attività didattiche ed educative sarà punto di riferimento all’interno e all’esterno della scuola per tutti gli attori che ruotano intorno alla scuola. Il suo lavoro dovrà facilitare, valorizzare l’apporto di ciascuno nel favorire culture dialogiche, partecipative e di collaborazione fattiva.
Il collegio docenti, agevolato dalle piccole dimensioni, lavorerà in una logica di equipe educativa in modo da condividere problemi e buone prassi, programmazione didattica, proposte formative ed extracurriculari. Le progettazioni coinvolgeranno anche classi differenti che potranno lavorare in modalità interdisciplinare e valorizzando le relazioni fra differenti età e le diverse competenze delle docenti.
Ogni collaboratore della scuola, dalla segretaria all’assistente scolastica è parte del sistema scuola e con il proprio indispensabile ruolo contribuisce a realizzare contesti che educano, includono, favoriscono l’apprendimento.
“Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo, gli uomini si educano insieme, con la mediazione del mondo.” (Paulo Freire)
Una scuola che innova la didattica
Crediamo in una scuola che fa della ricerca pedagogica e didattica un valore fondamentale. La scuola deve conoscere ed utilizzare le metodologie e gli strumenti innovativi e maggiormente efficaci che può fornire l’attuale panorama degli studi.
L’apprendimento è un processo che dipende da tanti fattori e deve permettere agli alunni di raggiungere le competenze curricolari e di base per poter affrontare la vita e gli studi futuri con interesse, passione e autonomia. Affinchè si creino le condizioni nelle quali ciascuno sviluppi il massimo delle proprie possibilità elenchiamo alcuni principi e metodologie che ci sembrano meglio favorire l’apprendimento e la didattica:
La pedagogia della lumaca, proposta da G. Zavalloni, indica delle strategie didattiche di rallentamento utili per far vivere ad ogni bambino la scuola come un luogo in cui crescere in modo naturale e tranquillo. Rifiutiamo una didattica o una progettualità educativa dominate da programmi rigidamente standardizzati. Il rispetto dei tempi di ciascuno è attenzione fondamentale per l’efficacia di un percorso. Occorre quindi perdere tempo per parlare insieme, nel rispetto di tutti; non si può prescindere, infatti, dalla reciproca conoscenza e creare in classe un clima sociale positivo. Questo è possibile solo ascoltando e conversando con i bambini, conoscendo la loro storia e le loro problematiche quotidiane; si deve perdere tempo per darsi tempo, ossia per scoprire ed apprezzare le piccole cose, quelle che magari diamo per scontate, ma che in realtà non lo sono, soprattutto per i bambini, che vivono l’esperienza con la gioia dello stupore.
Si può perdere tempo per giocare, camminare, crescere: il gioco educa alla convivenza civile più di sterili regole apprese sui libri, che non saranno mai interiorizzate perché non vissute.
“la scuola è un concentrato di esperienze, una grande avventura che può essere vissuta come se fosse un viaggio, un libro da scrivere insieme, uno spettacolo teatrale, un orto da coltivare, un sogno da colorare”[6].
La cooperazione – Vogliamo costruire un contesto educativo che utilizzi gli apprendimenti cooperativi, la peer education, il tutoring (inteso come sostegno reciproco e scambio di competenze), come strumenti privilegiati di crescita. Ruolo fondamentale hanno dunque i pari, i compagni di classe: cooperando s’impara (sia quando si è aiutati, sia quando si aiuta!). Per far questo, è necessario partire dalle competenze di cui i bambini sono portatori, dalle loro curiosità e passioni. Utilizzeremo quindi il Consiglio di cooperazione, come strumento rituale, assemblea/cerchio che coinvolge tutta la classe contemporaneamente. Questo permette circolarità delle idee e delle proposte; la gestione dei conflitti; serve a sviluppare capacità sociali di cooperazione, denunciare mancanze e bisogni e proporre piste di soluzione che richiedono poi di assumersi responsabilmente il risultato delle decisioni prese insieme, alla pari.
La valutazione – Vorremmo definire un sistema di valutazione che non crei competizione, senso di frustrazione, mancanza di autostima o senso di superiorità. Vorremo accompagnare i bambini ad acquisire sempre maggior capacità di autovalutazione/autocritica rispetto agli obiettivi raggiunti e quelli non raggiunti, perché siano sempre meno soggetti passivi della valutazione del proprio compito, sereni rispetto alla valutazione intesa come processo attivo che aiuta a migliorare, ad avanzare nell’apprendimento.
L’errore è la naturale tappa di un percorso, da vivere non con paura o vergogna, ma come nodo su cui lavorare e impegnarsi. L’apprendimento parte della problematizzazione.
L’errore non è una colpa né un sintomo di disfunzione, è approssimazione alla conoscenza, è modalità normale di apprendimento. Occorre quindi imparare ad approssimare alla risposta migliore possibile ed evitare l’apprendimento come stabilizzazione dell’errore. La valutazione quindi è intesa come esercizio a “staccare” il giudizio sul compito da quello sulla persona: è l’esercizio/il compito che viene valutato, non la persona.
“Tutti commettono errori. E’ per questo che c’è una gomma per ogni matita” (proverbio giapponese).
Occorrerà inoltre sostenere i processi di apprendimento attraverso il favorire l’esplorazione e la scoperta, al fine di promuovere la passione per la ricerca di nuove conoscenze; promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere, al fine di “imparare ad apprendere“; realizzare percorsi in forma di laboratorio, per favorire l’operatività e l’apprendimento non concettuale (il fare, lo sperimentare direttamente per es. a contatto con la natura, o attraverso l’incontro con testimoni, ecc.) e allo stesso tempo il dialogo e la riflessione su quello che si fa.
Crediamo che la scuola debba utilizzare le nuove tecnologie anche se questo, di per sé, non provoca l’innovazione didattica; le nuove tecnologie sono potenzialmente rivoluzionarie perché possono rafforzare enormemente i modelli più avanzati di didattica ma richiedono molto più studio e ricerca sui metodi, sui linguaggi, sui saperi. Oggi la velocità di mutamento delle tecnologie stesse impone un lavoro di collaborazione e disponibilità all’apprendimento creativo da parte degli insegnanti (immigrants) nei confronti degli studenti (nativi digitali).
L’uso delle tecnologie non dovrà quindi essere fine a se stesso ma orientato a:
facilitare l’apprendimento e la comunicazione, soprattutto di chi ha difficoltà o disturbi di apprendimento; rielaborare conoscenze e contenuti; cooperare a diversi livelli per la realizzazione di un progetto comune; conoscere ed utilizzare il Web come ambiente di comunicazione ed informazione; documentare esperienze didattiche significative anche attraverso la progettazione e realizzazione di percorsi ipermediali da diffondere sul Web; facilitare la didattica interdisciplinare e il coinvolgimento di classi diverse anche in collaborazione con altre scuole in Italia e all’estero.
Una scuola in continua formazione
I cambiamenti in atto nell’attuale contesto scolastico richiedono un importante investimento sulla formazione dei docenti che possono sviluppare attraverso essa nuovi saperi, metodologie, competenze.
Riteniamo che la formazione del corpo docente debba essere sistematica e continua, affinchè condivida e si faccia interprete attivo del progetto educativo della scuola. La formazione sarà elemento collegiale ma favorirà anche la crescita delle specializzazioni, anche disciplinari, dei docenti affinchè si mettano in atto strategie virtuose di insegnamento reciproco fra docenti.
Per questo si promuoveranno percorsi formativi organizzati dalla cooperativa e dai propri esperti formatori in modalità corsuale, laboratoriale o di tutoring.
Oltre a questo si promuoverà la partecipazione a percorsi formativi, seminari di studio, convegni organizzati da altri enti.
[1] Etienne Wenger, Comunità di pratica. Apprendimento, significato, identità, Cortina Raffaello, 2006, pp. 252-255.
[2] Tom Erik Arnkil e Jaakko Seikkula, Metodi dialogici nel lavoro di rete, Erickson 2013, p. 21
[3] Daniel Pennac, Diario di scuola, E. Feltrinelli, 2008, p. 107
[4] Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale, La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri, Ottobre 2007, p. 9.
[5] G. Chiosso, Fare cultura scolastica alla luce del vangelo, in Educare alla vita buona del Vangelo nella scuola e nella Formazione Professionale, Convegno Nazionale, Roma 2012, p. 6.
[6] G. Zavalloni, La pedagogia della lumaca. Per una scuola lenta e nonviolenta, EMI, 2010.